Интервью с Renata Tebaldi (оперная певица)

Рената Тебальди

Renata Tebaldi (Pésaro, 1922), il nostro soprano piú famo- so, è appartenuta all’epoca delle grandi voci. Timbro purissi- mo, vibrato appassionato, fraseggio perfetto, coi suoi mirabili legati, la Tebaldi è destinata a rimanere nella storia, assieme alla Malibran, la Pasta, la Toti Dal Monte, la Callas. Già, Maria Callas, la sua grande rivale: da questa la cantante pesarese si discostò sia come vocalità che come temperamento.

Domanda: Ci parli un po’ della Sua carriera, del Suo esor- dio.

Risposta: Mi sono avviata agli studi musicali all’età di 13 anni, e mi fu proposto di studiare il pianoforte, in quanto già in famiglia c’era una tendenza allo studio della musica: mio padre era professore di violoncello. Da quando iniziai a studiare musica, ho sempre avuto questa voce, e ho cantato spesso a scuola о durante le Messe.

Cosí lasciai lo studio del pianoforte per dedicarmi intera- mente al canto. Ho studiato tre anni al Conservatorio di Parma. Durante le vacanze conobbi a Pésaro la signora Carmen Melis, a quei tempi insegnante di canto al Conservatorio di Pesaro. Ho fatto l’audizione con la Melis che si accorse subito della mia im- postazione naturale e delle potenziali doti che possedevo. Decisi di trasferirmi dal Conservatorio di Parma a quello di Pesaro per studiare il canto con questa insegnante simpatica.

 

Nel 1944 la signora Melis mi informò che mi avevano proposto il mio esordio a Rovigo nella parte di Elena (nel «Mefistofele»), non troppo difficile e piuttosto statica. Quella esperienza mi fu molto utile.

In seguito io e mia madre ci trasferimmo a Milano, dove feci parecchie audizioni e cantai nell’ «Otello» di Verdi (a Trieste) subito dopo la guerra

Domanda: Su quali autori si è formata?

Risposta: La signora Melis mi mise subito davanti Verdi; era la medicina per i cantanti che faceva molto bene per la voce: infatti ho cantato tutto l’ «Otello». Inoltre mi fece cantare tutte le arie piú famose come il «Faust»,anche «La mamma morta» dello «Chénier» e poi l’ «Aida».

D.: Ha mai insegnato il canto?

R.: No, no.

D.: Lei era tipo emotivo nel senso che aveva paura dei teatri, di calcare le scene?

R.: Guardi, i momenti piú brutti sorо quelli che precedono l’entrata in scena. Io aspettavo sempre di poter cominciare, perché, veramente, l’attesa nel camerino è spasmodica. Però, appena entravo in scena, mi immedesimavo subito.

D.: Può stabilire una differenza fra il pubblico della Scala di allora ed il Metropolitan?

R.: Guardi, il pubblico si eguaglia in tutte le parti del mondo. C’è quello piú o meno preparato; forse noi non andiamo a teatro proprio con la voglia di divertirci, perché abbiamo dentro di noi sempre un po’ di polemica, per quello che ho potuto capire del pubblico italiano. Noi non andiamo a teatro solo per senti- re l’opera, ma anche per vedere, se quel tenore è bravo, о no, altrimenti lo fischiamo; e purtroppo accade spesso che si vada soltanto per disturbare, cosa che non succede in America ed all’estero in generale, dove la gente va a teatro per farsi una cul- tura e per divertirsi. All’estero non ho mai assistito a battibecchi о polemiche aperte in sala; certo, se non piace, non applaudono.

D.: Lei, comunque, almeno da parte materna, viene da una città, Parma, dove questo atteggiamento è in uso, vero?

R.: E sí, il famoso loggione di Parma. Come sanno applau- dire ed incoraggiare con grande cuore i giovani, cosí sanno essere implacabili con i grandi cantanti, perché esigono che il grande cantante debba dare tutto se stesso, quando si esibisce a Parma. Ma è tutto il contrario, perché i grandi cantanti, quan- do arrivano a Parma, hanno una tale paura che si esprimono diversamente da quello che farebbero in un altro teatro, dove potrebbero lavorare con piú calma.

D.: A quando risale il Suo ritiro dalle scene (a parte la sua attività concertistica)?

R.: Le ultime recite sono state al Metropolitan, con «Otel- lo» e «Falstaff», nel 1971 e 72, e dopo di allora opere non ne ho piú fatte. Ho cominciato a dedicarmi di piú all’attività concertistica.

D.: Era piú faticoso fare l’opera о i concerti?

R.: Ma guardi, quando Lei fa l’opera, divide la fatica, men- tre in un concerto la fatica è tutta Sua…

Francesco Attardi. Rassegna musicale Curci

 

4.5 out of 5 based on 10 votes

Рейтинг:  5 / 5

Звезда активнаЗвезда активнаЗвезда активнаЗвезда активнаЗвезда активна